CINQUANTENARIO DELLA MORTE

 

Si può dire che per Giovanni Tebaldini (lombardo di origine, marchigiano di adozione) la recente pubblicazione del volume, Idealità convergenti – Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini e di saggi sulla sua complessa personalità artistica, abbia rappresentato il momento iniziale di una doverosa riscoperta.

Per la ricorrenza del cinquantenario della sua scomparsa (11 maggio 2002), sono state attuate alcune manifestazioni.

Tra il 2 e il 7 aprile è stato ricordato degnamente nell’ambito della seconda edizione della Rassegna Internazionale di Musica Sacra “Virgo Lauretana” di Loreto.

Il programma prevedeva l’esecuzione di otto composizioni sacre e una profana di Tebaldini delle quali sono state effettuate registrazioni su CD-Rom. Per l’occasione, l’Associazione Lauretana “Adamo Volpi”, che ha promosso la Rassegna, ha coniato una medaglia commemorativa.

Parallelamente i Comuni di Loreto, di Castelfidardo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto, l’1 aprile hanno organizzato una serata per la presentazione del libro Per un Epicedio. Ha relazionato la musicologa Dott.ssa Paola Ciarlantini, che ha tracciato anche un profilo di Tebaldini. Durante l’incontro sono stati eseguiti suoi brani di musica profana.

Anche il Comune di San Benedetto del Tronto (dove il Maestro è vissuto per circa dieci anni ed è morto) il 3 maggio gli ha reso omaggio presso l’”Auditorium” con una conferenza del musicologo Pierpaolo Salvucci sul tema “L’opera multiforme di Giovanni Tebaldini”, la presentazione del libro sul rapporto Verdi-Tebaldini, nonché un concerto di composizioni profane del Maestro. 

L’Accademia di Scienze Lettere e Arti – Ateneo di Brescia (città natale di Tebaldini), il 10 maggio ha tenuto una commemorazione, a cura del M° Mario Conter, con l’audizione di musiche di Tebaldini.

Anche l’apertura di questo sito internet rientra nelle iniziative di cui sopra.

 

[Per i comunicati, le recensioni e le interviste, vedi “Rassegna stampa”]

 

 

 

 

 

Loreto, 1 aprile 2002

 

Sala del Tinello (Palazzo Apostolico)

 

 

COMUNE DI CASTELFIDARDO    COMUNE DI LORETO

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI LORETO

 

 

Presentazione del libro sull’opera musicale di Giovanni Tebaldini

“Epicedio”, per i Martiri Lauretani Fratelli Brancondi

 

a cura della musicologa Dott.ssa Paola Ciarlantini

 

Concerto di composizioni profane del Maestro

A sé stesso (Roma, 1935, dai “Canti” di Giacomo Leopardi)

Um Mitternacht (Regensburg, 1889, dallo “Studente spagnuolo” di Longfellöw)

In sogno / Tempesta d’amore / Ebbrezza de l’anima

(1890-1896, da “Il mistero del poeta” di Antonio Fogazzaro)

 

Soprano Cristina Piangerelli / Pianista Carlo Morganti

 

   

 

 

La soprano Cristina Piangerelli e il Pianista Carlo Morganti durante il concerto

 

 

 

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Loreto, 2-7 aprile 2002

 

Seconda Rassegna Internazionale di Musica Sacra “Virgo Lauretana”

 

a cura dell’Associazione “Adamo Volpi”

 

Direttore artistico Maestro Arturo Sacchetti

 

 

 

3 aprile  Concerto per organo e voci con le seguenti composizioni di Tebaldini

(Memorial nel cinquantenario della morte):

 

•  Trois Pièces d’Orgue (n. 1 Prélude Choral, n. 2 Intermezzo, n. 3 Marche Grave), op. 16, 1897

   Organista Stefan Zikoudis

 Litanie Lauretane, a tre voci ed organo, op. 26 n. 4, 1904

      Organista Marco Mantovani, Soprano Jolanta Omilian, Tenore Dino Di Domenico, Baritono  Marco Camastra

 

•  Canto di Penitenza, per baritono e organo, su versi di Lorenzo Pavanelli

    Organista Alessandro La Ciacera, Baritono Marco Camastra

  Caecilia famula tua, Domine, per soprano ed organo, op. 36 n. 6, 1903

     Organista Sergio Orabona, Soprano Jolanta Omilian

 

•  Padre, se mai questa preghiera giunga al tuo silenzio, per tenore ed organo, su versi di Ada Negri, 1947

     Organista Fabio Re, Tenore Dino Di Domenico

 

 Ad regias Agni dapes, a tre voci ed organo, op. 25 n. 2

      Organista Damiano Rota, Soprano Jolanta Omilian, Tenore Dino Di Domenico, Baritono Marco  Camastra.

 

[Nel corso della serata sono stati eseguiti anche cinque brani di Ulisse Matthey e una sua trascrizione da J. S. Bach]

 

4 aprile  Concerto sul tema “La creatività cameristica in Italia, Otto e Novecento”, con musiche di Giovanni Tebaldini (Quintetto pel Natale, per quartetto d’archi e pianoforte, 1933), Pietro Mascagni (Minuetto in do), Francesco Balilla Pratella (Giallo Pallido e Sonata terza), Lorenzo Perosi (Quintetto n. 4).

Esecutori: “Nuovo Quartetto Italiano” (Alessandro Simoncini e Luigi Mazza violini, Demetrio Comuzzi viola, Luca Simoncini, violoncello) e Elisabetta Sironi (pianoforte).

 

5 aprile Concerto vocale-strumentale di rappresentanza con l’Epicedio, per i Martiri Lauretani Fratelli Brancondi, di G. Tebaldini e Il Giudizio Universale di P. Raimondi.

Columbus Orchestra di Genova, direttore Arturo Sacchetti.

 

 

 

 

 Medaglia commemorativa coniata dallo scultore Sandro Cecchini

in occasione della seconda Rassegna Internazionale di Musica Sacra “Virgo Lauretana”

 

 

 

 

 

 

Il M° Arturo Sacchetti e l’Orchestra Columbus di Genova dopo l’esecuzione di Epicedio di Tebaldini

alla Rassegna Internazionale di Musica Sacra, Loreto, aprile 2002

 

 

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San Benedetto del Tronto, 3 maggio 2002

 

Amministrazione Comunale

Assessorato alla Cultura

 

Auditorium

 

 Omaggio al musicista e musicologo

Giovanni Tebaldini a cinquant’anni dalla morte

 

P R O G R A M M A

Conferenza su L’opera multiforme di Giovanni Tebaldini

Presentazione del libro

Idealità convergenti – Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini

a cura di Anna Maria Novelli & Luciano Marucci

D’Auria Editrice, 2001

 

Relazione del Professor Pierpaolo Salvucci

 

Concerto di musiche profane di Tebaldini

Da te, da te, solo da te!, da “Miranda” di Antonio Fogazzaro

In sogno, da “Valsolda” di A.Fogazzaro

Um Mitternacht, dallo “Studente spagnuolo” di Longfellöw

A sé stesso, dai “Canti” di Giacomo Leopardi

Voci del Cuore, su versi di Giuseppe Lesca

Soprano Stefania Camaioni / Pianista Giuseppe Sabatini

Voce recitante Maria Grazia Giocondi

 

 

L’opera multiforme di Giovanni Tebaldini

 

Relazione

 

Pierpaolo Salvucci1: Gentili Signore e Signori, un cordiale buonasera a voi tutti e benvenuti a questo appuntamento organizzato dal Comune di San Benedetto del Tronto per ricordare, onorare e promuovere la figura di Giovanni Tebaldini, illustre musicista e musicologo che trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita  in questa città. In apertura di serata ringrazio le Autorità presenti e, con loro, Anna Maria Novelli e Luciano Marucci per aver intrapreso un’importante attività di recupero documentale e di promozione della figura di Giovanni Tebaldini.

Quello odierno è un appuntamento che rientra in un più vasto panorama di manifestazioni organizzate per ricordare il Maestro. È stata la città di Loreto a tributargli per prima grandi onori durante la Rassegna Internazionale di Musica Sacra, poi sarà la volta di Brescia (che gli diede i natali) a rendergli omaggio con un’altra significativa manifestazione. La nostra città lo commemora questa sera con una conferenza sulla sua opera multiforme, cui seguirà la presentazione del volume Idealità convergenti, pubblicato dalla D’Auria Editrice di Ascoli Piceno, che ringraziamo pubblicamente nella persona del dottor Sergio D’Auria. L’ultima parte, invece, prevede l’esecuzione di un Concerto di musiche profane con il soprano Stefania Camaioni, accompagnata al pianoforte dal M° Giuseppe Massimo Sabatini, e la partecipazione di Maria Grazia Giocondi quale voce recitante.

Ma addentriamoci subito nei contenuti della serata, articolando la conferenza in diversi punti che ci permetteranno di ripercorrere la sua poliedrica attività. Tebaldini, infatti, fu musicista, paleografo, musicologo, conferenziere, giornalista e critico musicale, direttore di cori e d’orchestra, nonché didatta e direttore di conservatorio. Parleremo di un uomo di grande cultura, amato e stimato dai personaggi più importanti della musica, dell’arte e della cultura in genere, fra il tardo Ottocento e il primo Novecento. Solo per citarne alcuni: Giuseppe Verdi, Arrigo e Camillo Boito, Giulio Ricordi, Antonio Fogazzaro, Pietro Mascagni, Francesco Cilèa, Ildebrando Pizzetti, Franco Abbiati, Gino Roncaglia, Papa Pio X.

 

Profilo biografico

 

Tebaldini, nato a Brescia il 7 settembre 1864 e morto a San Benedetto del Tronto l’11 maggio 1952, visse in prima persona i profondi cambiamenti in atto nel linguaggio musicale che, a partire dal secondo Ottocento, interessarono tutta l’Europa. 

Era il 1879 quando, appena quindicenne, cominciò a collaborare con alcuni teatri in qualità di    Maestro del Coro, diventando anche organista a Vespolate, nel novarese. Tale attività si sarebbe protratta per circa un triennio.

L’esigenza di approfondire gli studi musicali lo portarono nel 1883 a frequentare il Regio Conservatorio di Musica di Milano, allora diretto dal M° Antonio Bazzini, apprezzato violinista e compositore. Tebaldini  vi studierà armonia, contrappunto e fuga con Panzini e composizione con Amilcare Ponchielli. È durante il periodo “milanese” della sua formazione musicale che conosce Guerrino Amelli, promotore del processo di riforma della musica sacra in Italia che lo avrebbe introdotto agli studi di paleografia musicale, canto gregoriano e polifonia vocale, permettendogli di conseguire un’alfabetizzazione musicale colta quando proprio il repertorio cinquecentesco era stato colpevolmente accantonato.

Sempre in quel periodo cominciò a scrivere sulla Gazzetta Musicale di Milano (edita da Giulio Ricordi) e su altri periodici: La Lega Lombarda, Musica Sacra.

La permanenza di Tebaldini nel Conservatorio milanese non fu però lunga. L’Istituto rinverdì la propria ottusità, manifestatasi con la mancata ammissione di Verdi. Infatti, venne espulso nel 1885 perché reo di aver recensito negativamente una Messa composta dal suo insegnante Polibio Fumagalli.

Nel 1888 si trasferì in Germania per studiare alla prestigiosa Kirchenmusikschule di Regensburg (Ratisbona) - la più importante scuola di musica sacra -  quale vincitore di un pubblico concorso bandito dalla Wagnerverein.

Nel quinquennio fra 1889 e il 1894 ricoprì l’incarico di Direttore della Schola Cantorum e Secondo Maestro di Cappella in San Marco a Venezia, per poi trasferirsi a Padova dove assunse l’incarico di Direttore della Cappella Musicale della Basilica di Sant’Antonio.

Di assoluto rilievo in quegli anni furono le sue collaborazioni con le più importanti e prestigiose testate giornalistiche di interesse musicale, fra queste la Rivista Musicale Italiana curata dai F.lli Bocca. Nel 1894 ha inizio un sincero scambio epistolare con Giuseppe Verdi, conosciuto nel 1897 e frequentato fino al 1901, anno della morte del Grande di Busseto.

Uomo di profonda cultura e sensibilità, molto attivo nel campo delle composizioni vocali e organistiche, Tebaldini fu vincitore di cinque primi premi all’unanimità in altrettanti concorsi internazionali indetti a Parigi dalla Schola Cantorum di Saint-Gervais.

Nel 1897 venne prescelto quale Direttore del Conservatorio di Parma, dove rimarrà sino al 1902, formando una generazione di musicisti, compositori e musicologi, fra i quali: Ildebrando Pizzetti, allievo prediletto di Tebaldini, Edoardo Ferrarini, Vito Frazzi, Bruno Barilli, Giulio Bas, Agide Tedoldi e Luigi Ferrari Trecate.

Nel 1902, una volta abbandonata la direzione del Conservatorio, Tebaldini aveva assunto l’incarico di Direttore della Cappella Musicale di Loreto, quale vincitore di un pubblico concorso bandito dalla Santa Casa. Va precisato che fra i membri della Commissione esaminatrice figurava l’ormai celebre Giacomo Puccini.

Il suo sodalizio con la Cappella Musicale della Santa Casa sarebbe durato fino al 1924, dando luogo ad “un programma di radicali riforme sulla base della restaurazione della vera musica liturgica”.

In contemporanea all’incarico lauretano continuò i suoi studi musicologici oltre all’attività di critico, giornalista, compositore ed instancabile promotore culturale. In quest’ultima veste figurò nel 1919 fra i fondatori dell’Associazione “Alessandro Scarlatti” di Napoli. Due anni dopo venne chiamato ad allestire e a dirigere la sua Trilogia Sacra durante le Celebrazioni del VI Centenario Dantesco a Ravenna.

Per il prestigio riconosciutogli come compositore e studioso di musica sacra, nel 1925 gli venne dato l’incarico di commemorare Giovanni Pierluigi da Palestrina, nel IV centenario della nascita, con una conferenza e l’esecuzione di alcune pagine del celebre polifonista.

Nello stesso anno Tebaldini venne chiamato da Francesco Cilèa – allora Direttore dello storico Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli – a ricoprire l’incarico di docente della cattedra speciale di “Esegesi del canto gregoriano e della polifonia palestriniana”. Ed un tale incarico, peraltro unico in Italia, non poteva non sancire il giusto tributo al massimo esperto vivente nel campo della musica sacra.

Instancabile nelle sue attività, nell’anno scolastico 1930-‘31 occupò un altro posto di rilievo, quello di direttore artistica dell’Ateneo Musicale “Claudio Monteverdi” di Genova. 

Nei primi anni Quaranta Tebaldini si trasferì definitivamente a San Benedetto del Tronto presso sua figlia Brigida, insegnante elementare.

Nella nostra città egli continuò a comporre, a scrivere articoli sui rapporti con Fogazzaro, con il Papa Pio X, Toscanini, Boito, Perosi, nonché a redigere saggi musicologici per le riviste specializzate. Si ricordano, ad esempio, gli studi critici su Verdi, Ponchielli, Berlioz, Palestrina e mantenne continui rapporti epistolari con i maggiori musicologi del tempo, fra questi Franco Abbiati, autore di una monumentale biografia su Verdi.

Molto significativa fu la fitta corrispondenza con Ildebrando Pizzetti, suo allievo prediletto a Parma, e figura fra le più prestigiose del Novecento musicale europeo.

Di questo periodo lo storico Enrico Liburdi, molto vicino a Tebaldini, darà concreta testimonianza dopo la morte del Maestro, scrivendo alcuni articoli e pubblicando La lunga giornata di un artista. Giovanni Tebaldini.

Anche la sua ultima composizione Padre, se mai questa preghiera giunga al tuo silenzio, su versi di Ada Negri, fu realizzata in riva all’Adriatico nel 1947.

Vista l’età, gli spostamenti si fecero sempre più rari, ma non smise di scrivere. Spicca su tutti il saggio “Fuori dal teatro”,  stilato nel 1951 su invito di Abbiati, per il cinquantenario della morte di Verdi; tale lavoro, pubblicato in un volume edito dal Teatro alla Scala è interamente riportato in Idealità convergenti.

Qui, inoltre, curò la revisione di alcune sue composizioni giovanili, come Voci del cuore che verranno eseguite questa sera – scritte da Tebaldini nel 1887, su versi di Giuseppe Lesca, illustre letterato nato a San Benedetto.

Il suo ultimo intervento in pubblico avvenne il 10 ottobre 1951, quando l’Associazione “Gioventù Musicale Italiana”, allora presieduta dall’instancabile dott. Giovanni Bozzoni, organizzò nel Salone delle feste del Circolo Cittadino una Commemorazione e un Concerto per ricordare Verdi a cinquant’anni dalla morte. Relatore fu Tebaldini, mentre il concerto venne eseguito dal soprano Lary Giovannetti Scipioni e dal tenore Antonio Galiè, accompagnati al pianoforte dal M° Eraldo Grati. 

L’11 maggio 1952, a sette mesi da quella affollata manifestazione, il Maestro avrebbe concluso il suo cammino terreno nella nostra città.

 

Il didatta

 

Tebaldini curò molte revisioni e trascrizioni del repertorio organistico e non. Fu anche autore - unitamente a Marco Enrico Bossi - di un Metodo di studio per l’organo moderno ancor oggi adottato nei Conservatori Statali di Musica. Valente direttore del Regio Conservatorio di Parma dal 1897 al 1902, dove egli stesso insegnò canto gregoriano e polifonia, introdusse importanti riforme e si premurò di dare agli allievi una formazione interdisciplinare.

 

Il compositore

 

Diede vita a un vasto corpus di composizioni di genere sacro e profano. Fra quelle di maggior rilievo del repertorio sacro figurano:

 

- Messa funebre (1893), in collaborazione con Marco Enrico Bossi, con cui vinse il concorso della Regia Accademia Filarmonica Romana, per le annuali esequie di Re Vittorio Emanuele II al Pantheon di Roma;

 

- Missa Solemnis, op. 12 (1895), a 4 voci miste e organo, in onore di Sant’Antonio da Padova, pubblicata dalla Ricordi nel 1899, ed eseguita più volte in Italia e all’estero;

 

- Caecilia Nuptiae, op. 21 (1898-1901/ 1930-1931), eseguita a Venezia nel ‘31 e a Milano nel ’32;

 

- Missa pro defunctis, eseguita nel 1908 e nel 1912 al Pantheon in Roma per le esequie di Re 

  Umberto I;

 

- Quintetto gregoriano pel Natale (1933), eseguito in diverse sedi autorevoli, alla radio, nonché nella recente “Rassegna Internazionale di Musica Sacra” di Loreto;

 

- Rapsodia di Pasqua, poema sinfonico gregoriano, eseguito e replicato al Teatro E.I.A.R. di Torino nel 1938, sotto la direzione di Ildebrando Pizzetti e replicata nel 1939.

 

Nel genere profano appaiono interessanti, e in linea con l’evoluzione del linguaggio musicale, i brani corali e le liriche da camera, queste ultime su testi di Leopardi, D’Annunzio, Fogazzaro e Lesca.

Fra i pezzi sinfonici e sinfonico-vocali: il bozzetto per orchestra Fantasia araba op. 11 (1904); la Marcia festiva op. 20 (1897) e l’Epicedio (1944-‘45);

Su quest’ultima pagina ci soffermeremo per fare alcune riflessioni, visto che fra qualche istante potremo ascoltarne la registrazione nell’esecuzione dell’Orchestra Columbus di Genova diretta dal M° Arturo Sacchetti.

Si tratta di un’opera profondamente ispirata che riflette appieno la conoscenza dei canoni e degli stilemi musicali europei. Il materiale musicale viene esposto con una sensibilità non dissimile dagli autori tardo-romantici inclini a coniugare l’esigenza di non penalizzare l’espressività, l’emotività e l’elemento descrittivo rispetto agli asettici tecnicismi. Nell’Epicedio la musica, che assume una forte carica pittorica, a sprazzi persino filmica, si apprezza maggiormente poiché è vera espressione dei sentimenti più intimi, lontana da ogni possibile retorica o da banali letture ideologiche. I contenuti sgorgano copiosi dalla partitura con una purezza sorgiva. Gli appassionati slanci melodici, il pathos, l’attesa per un dramma ormai imminente e il tragico epilogo appaiono congegnati mediante una scrittura di tipo sinfonico che trasmette una viva emozione al pubblico. Quest’opera di Tebaldini, di cui questa sera proponiamo l’ascolto, appare come un vero e proprio scandaglio dell’anima, un realistico mosaico delle umane emozioni. 

 

Il critico musicale, il musicologo, lo storiografo

 

Ancora oggi Tebaldini occupa un posto di rilievo nella moderna musicologia italiana. Critico illuminato e attento ricercatore di musiche antiche, pubblicò molti articoli, saggi ed alcuni volumi:

 

•    La musica sacra in Italia (1893)

 

•   L’Archivio Musicale della Cappella Antoniana in Padova – Illustrazione storico critica (1895), che gli valse le lodi di Arrigo Boito e Giuseppe Verdi

 

    La musica sacra nella storia e nella liturgia (1904)

 

•    L’Archivio Musicale della Cappella Lauretana – Catalogo storico-critico (1921)

 

•    Ildebrando Pizzetti nelle “memorie” di Giovanni Tebaldini (1931)

 

Molti, inoltre, furono i suoi saggi e articoli pubblicati dalle maggiori riviste musicali e musicologiche, tra cui quelli su Beethoven, Bellini, Boito, Bossi, Donizetti, Gounod, Legrenzi, Mariani, Martucci, Mozart, P. da Palestrina, Persiani, Pedrell, Pergolesi, Perosi, Pizzetti, Ponchielli, Spontini, Rossini, Toscanini, Verdi, Wagner… E poi su L’elemento lirico nella musica sacra; su un caso di Telepatia musicale (Gnecchi-Strauss), su L’anima musica di Venerzia, sul rapporto tra Musica e arti figurative. Tradusse anche dal tedesco il Trattato di composizione di Peter Piel.

Altrettanto importanti furono gli approfonditi studi, purtroppo rimasti inediti, come quelli su P. da Palestrina, Ponchielli e sull’estetica musicale (Domus Aurea).

 

Il conferenziere

 

Assolutamente feconda fu l’attività di conferenziere. Tenne ben 172, fra Corsi d’istruzione, conferenze e commemorazioni, in Italia e all’estero, che ne fecero una delle personalità più stimate fra i nostri studiosi.

 

Il direttore di conservatorio

 

Tebaldini riteneva che il Conservatorio non dovesse limitarsi ad una sommaria formazione, come spesso capita oggi. Agli strumentisti spettava il compito di svolgere continue esercitazioni e attività concertistiche secondo un’antica consuetudine sviluppatasi nei Conservatori napoletani e negli Ospedali veneziani del Settecento, ossia i grandi luoghi deputati allo studio della musica. In sintesi, venivano create le premesse affinché la formazione tecnica, legata al proprio strumento, e quella musicale permettessero di preparare professionisti giovani e valenti da inserire nella carriera artistica.

Per gli allievi compositori Tebaldini attuò una mirata rivalutazione della teoria e prassi del contrappunto, dell’analisi delle partiture e delle tecniche esecutive riconducibili al repertorio della polifonia cinquecentesca, in particolare ai capolavori palestriniani. Tale formazione specialistica andava sostenuta dalla conoscenza diretta dei capolavori, sempre confortati dalla trattatistica, integrata con studi riferibili all’esegesi, analisi e prassi esecutiva del repertorio di riferimento.

Questo approccio didattico mirava a dare agli allievi competenze derivanti dall’acquisizione di contenuti non per riproporre quello stile ormai superato dall’evoluzione del linguaggio musicale, ma per applicarlo alla coeve prassi compositive e alle ultime indagini storico-musicologiche. In tal modo scaturì nei suoi allievi una competenza che trovò concreta applicazione nel linguaggio e nello stile musicale più innovativi e sperimentali. Tebaldini, inoltre, intese favorire la riconquista di quell’intimo connubio tra parola e musica, tanto caro al canto gregoriano, così come alle Camerate fiorentine del Cinquecento.

Fu proprio all’ombra di questi preziosi insegnamenti che Ildebrando Pizzetti poté formarsi adeguatamente sino a riformare la vocalità nel nostro teatro musicale e a dare un concreto seguito alla sperimentazione di quel declamato, di gregoriana memoria, capace di rendere intime e complementari le funzioni e i rapporti fra la parola e la musica. E saranno questi gli elementi che indurranno Pizzetti a collaborare con D’Annunzio.

 

Il direttore di coro e d’orchestra

 

Tebaldini fu altrettanto “illuminato” come direttore di cori. In questa veste iniziò la carriera a soli quindici anni istruendo quelli di alcune opere nel Teatro “Lauro Rossi” di Macerata e poi al Teatro Castelli di  Milano.

Giunto a Loreto, pretese di avere a disposizioni voci adeguate per concertare e dirigere alcune delle Messe di Palestrina, Anerio, Cifra, Porta, Lotti, oltre alle produzioni coeve di Mitterer, Perosi, Tomadini, Witt e altri. Diventata, grazie a lui, una delle più affermate istituzioni corali italiane, la Cappella Musicale della Santa Casa venne chiamata ad esibirsi innumerevoli volte nelle circostanze più disparate e prestigiose: il funerale di Francesco Baracca (1915) a Lugo di Romagna, a Bologna (1923) per i Concerti Spirituali, a Milano e Ravenna (1921) per il VI Centenario Dantesco.

     Non abbiamo il numero definitivo delle sue esibizioni, come direttore di coro e d’orchestra, ma sappiamo che fino al 1936 furono un centinaio.

 

Il paleografo

 

Altra attività che condusse con rigore scientifico fu quella di paleografo.

Quando in Italia gli studi accademici di paleografia musicale erano una prerogativa di sparuti e pionieristici studiosi, legati soprattutto al recupero e alla divulgazione del repertorio sacro, Tebaldini rappresentò una vera e propria istituzione vivente. Fu tra i primi a praticare, con continuità e acume, studi approfonditi che avrebbero avuto riscontro presso le più importanti case editrici musicali, biblioteche, istituzioni artistico-culturali e musicali in genere.

Spaziò con intelligenza fra i vari generi e stili delle diverse epoche, privilegiando il tardo Rinascimento e il primo Barocco. Trascrisse e ridusse in partitura moderna oltre 100 titoli italiani e stranieri, con particolare riguardo a oratori, melodrammi, cantate, musica organistica, nonché polifonia vocale sacra e profana (mottetti, madrigali). Fra i lavori più importanti si ricordano: l’Euridice (1600) nella versione di Peri e di Caccini; la Rappresentazione di Anima et di Corpo (1600) di Emilio de’ Cavalieri; L’Incoronazione di Poppea (1643) di Monteverdi; l’oratorio Jephte di Carissimi.

 

La scelta di recuperare certi titoli, unitamente a molti altri, evidenzia la volontà del Nostro di offrire un approccio globale e nel contempo analitico circa l’excursus storico, stilistico, formale, estetico e storiografico. In tutto ciò è ravvisabile la grande levatura del suo sapere, il possesso di un lessico specifico non comune per quel periodo, frutto delle acquisizioni conseguite specialmente presso la prestigiosa scuola di musica sacra di Ratisbona.

Risulta evidente, dal suo stile e dal gusto nell’orchestrare, come, durante la permanenza in Germania, avesse conosciuto e studiato il linguaggio wagneriano, anche se in Tebaldini la tecnica non prevarica mai sui contenuti, come abbiamo già ascoltato nell’Epicedio. Mancano, infatti, esempi di strumentazione retorica poiché le partiture evidenziano un forte carattere descrittivo, dialogico, ispirato e non scevro da una elevata vis drammatica, con misurati atteggiamenti introspettivi, frutto di una piena aderenza alle situazioni, ai testi e al loro intimo significato. Tutto ciò profuso senza alcuna sudditanza alla progettualità armonica o alle forme, ma pensato, elaborato e codificato per dare la giusta valenza ai contenuti.

La sua enorme competenza musicale, musicologica e storiografica, unita all’attività di compositore e di profondo conoscitore di alcuni Archivi Musicali Storici, lo farà assurgere al ruolo di “grande saggio” della musica italiana nel contesto internazionale. Fra i tanti che si rivolsero a lui, figura anche Verdi. Per ragioni di studio, il Maestro lo interpellerà, poiché interessato ad ottenere una copia del Te Deum di Padre Vallotti, essendo l’originale conservato presso l’Archivio Storico della Basilica del Santo a Padova, dove in quel periodo operava Tebaldini.

Ed è con l’ascolto della prima sezione tratta dal Te Deum (1895) di Verdi, per doppio coro e grande orchestra, che ha inizio la

 

 

 

Presentazione del libro

 

Idealità convergenti - Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini

ricordi  saggi  testimonianze  commenti

 

 

Il centenario verdiano ha coinciso, a livello editoriale, con la ristampa di molti titoli da qualche anno fuori catalogo e, nel contempo, con l’apparizione di alcuni nuovi volumi che ben poco hanno aggiunto alla ricerca documentale e alle tesi musicologiche attualmente più accreditate. Una menzione particolare, invece, merita Idealità Convergenti, in quanto permette a tutti - studiosi, appassionati e semplici lettori - di conoscere da vicino alcuni aspetti della personalità artistica ed umana di Verdi, anche e soprattutto attraverso la figura di Tebaldini. A lui affidò non poche esternazioni, dissertando in prima persona e per via epistolare su molteplici argomenti di carattere musicale, stilistico, di repertorio, di estetica, come mai Verdi era riuscito a fare con altri. Se le convergenze di pensiero e le affinità caratteriali li unirono in molte situazioni - favorendo l’instaurarsi di un rapporto assolutamente unico nella storia della musica - non mancò fra i due qualche episodico attrito, come documentano con dovizia di particolari i curatori del volume.

La pubblicazione ricostruisce il sodalizio fra Verdi e Tebaldini con l’aggiunta di scritti dedicati da quest’ultimo al genio di Busseto, anche e soprattutto alla luce di un prezioso e paziente lavoro di recupero di una grande quantità di documenti rinvenuti presso fonti archivistiche internazionali.

 

Accanto ai riferimenti diretti fra Verdi e Tebaldini Idealità convergenti presenta al lettore autorevoli contributi musicologici e critici che il Tebaldini scrisse nel corso della sua lunga carriera. A conferma dell’importante spessore scientifico e culturale,  giunge la prefazione firmata dal Prof. Pierluigi Petrobelli, Direttore dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani, che sottolinea come il rapporto fra Verdi e Tebaldini si instauri negli ultimi anni di vita del grande Maestro di Busseto quando, allontanatosi dal melodramma, intendeva avvicinarsi a “quei musicisti, a quelle opere, a quello stile, che […] riteneva rappresentativi della tradizione musicale italiana”. Il riferimento, pertanto, era diretto alle grandi figure di Palestrina, Marenzio e Monteverdi.

Nella premessa gli autori precisano: “Il percorso […] si snoda e s’intreccia lungo una linea che dalle rimembranze più accessibili sale verso l’indagine specialistica; mentre i commenti, i raccordi e le note esplicative concorrono a comporre il quadro d’insieme e a ricreare lo spirito dell’epoca”.

A seguire il volume riporta un saggio molto bello dal titolo “Il fanciullo in un’anima grande”: Verdi e i suoi ammiratori, scritto da un altro nipote di Tebaldini, il socio-antropologo Prof. Renato Novelli. Egli offre un’acuta riflessione sulla personalità e il genio creativo di Verdi che si irradiano partendo dai teneri ricordi di suo nonno.

Impostato con perfetto rigore scientifico, ma con un chiaro intento storico-divulgativo, il volume presenta un vasto corpus documentale che delinea e promuove la figura di Tebaldini, oggi pressoché sconosciuta.

Vi emergono alcuni capitoli davvero coinvolgenti. Solo qualche esempio: la genesi della Messa composta da Tebaldini per il VII Centenario della nascita di Sant’Antonio da Padova, a partire dall’iniziale proposta formulata a Verdi tramite Camillo Boito, architetto della Basilica e fratello del più celebre Arrigo, musicista, poeta e librettista. Infatti, dopo il diniego del Maestro di Busseto, la Presidenza della Venerata Arca del Santo darà il proprio assenso a che fosse Tebaldini a comporla; lui che a quei tempi ricopriva ancora l’incarico di secondo Maestro di Cappella in San Marco a Venezia.   

Un altro argomento trattato e che potrà incuriosire il lettore, alla luce di quanto si è scritto in passato - a volte a sproposito - è l’esatta ricostruzione della mancata ammissione di Verdi al Conservatorio di Milano.

Interessantissima è inoltre la sezione “L’approdo al sacro” in cui appare il capitolo dal titolo “Sulla religiosità di Verdi”, davvero prezioso alla luce dei tanti interrogativi che su questo argomento si sono poste intere generazioni di eminenti studiosi e uomini di cultura.

Come molti grandi compositori, vedi Verdi e Mascagni, anche Tebaldini dovette subire false accuse, persino calunnie,  da parte di alcuni personaggi della massoneria parmense ben infiltrata fra gli amministratori del Conservatorio. Non era certo ben visto un trentatreenne che già dirigeva un prestigioso Conservatorio e, per di più, avvezzo alla musica sacra. Tebaldini fu sottoposto ad un’inchiesta che lo scagionò completamente, ma quando gli vennero comunicati i risultati favorevoli, con l’elogio per il suo operato, non volle tornare sui suoi passi, preferendo assumere l’incarico di Direttore della Cappella Musicale di Loreto.

Vi sto riferendo del toccante capitolo intitolato “L’Odissea Parmense” in cui appare una “Lettera dedicatoria” di Pizzetti, datata febbraio 1913. Il suo ex allievo gli manifesta tutta la stima e la gratitudine per averlo iniziato allo studio delle musiche antiche. Gli riconosce, inoltre, come durante la sua Direzione al Conservatorio di Parma, fossero state realizzate significative riforme didattiche, con il raggiungimento di risultati mai conseguiti prima e che avrebbero avuto conferma negli anni successivi.   

Riproduzioni anastatiche di documenti si sommano alle rarità fotografiche, come quelle di Verdi nella tenuta di Sant’Agata, dell’orchestra del Conservatorio di Parma a Busseto, quella che ritrae gli studenti Barilli, Pizzetti, Candiolo e Campanini, i quali presero parte, insieme a Tebaldini, alla traslazione della salma di Verdi e, infine, l’interno della tomba del grande bussetano e le parole con cui il Maestro espresse il desiderio di essere sepolto, tra i suoi beneficiati, nella “Casa di Riposo” che aveva fondato.

L’approccio usato dagli autori per la stesura del volume permette di rileggere la storia della musica fra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento attraverso i rapporti interpersonali, la sensibilità e lo spessore culturale di alcuni dei protagonisti della nostra arte e cultura. La mole documentale è gestita con rigore scientifico, così come la ricerca delle formule divulgative, davvero in linea con le più recenti tendenze della  storiografia musicale.

In tal modo i ricordi, i saggi, le testimonianze ed i commenti possono essere fruiti da chiunque, anche da chi non possiede competenze specifiche e ciò attribuisce maggior rilievo a questa fatica editoriale. Il lettore, infatti, vive e apprezza in prima persona le 406 pagine che compongono il libro, sentendosi partecipe, come non mai, di quella grande avventura culturale che vide protagonisti Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini.

                                                                                                     

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1.  Salvucci Pierpaolo, vive a San Benedetto del Tronto. Dopo aver compiuto gli studi di fisarmonica, si è diplomato in canto e in didattica della musica nei Conservatori di Pesaro, Parma e Fermo. Già docente di solfeggio e canto corale presso l’Istituto Musicale “G. Spontini” di Ascoli Piceno, ha insegnato Arte Scenica all’Istituto Musicale “A. Vivaldi”. Da un decennio tiene lezioni all’Università della Terza Età di Ascoli Piceno e di San Benedetto. Ha collaborato, per tesi sperimentali, con il D.A.M.S. di Bologna e con l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila e, dal 1997 al 2000, con il Teatro “Ventidio Basso” di Ascoli, curando le presentazioni storico-estetiche e i concerti di musica sacra. È progettista didattico e docente di Storia della Musica nei Corsi di Formazione Professionale per Coristi e Orchestrali. Come critico musicale, ha scritto su alcuni periodici. Ha lavorato per importanti istituzioni delle Marche e dell’Abruzzo e per la formazione degli insegnanti. Dal novembre 2000 ha costituito e dirige il Coro Polifonico della Val Vibrata “G. D’Annuntiis”.

 

 

 

Il pianista Giuseppe M. Sabatini e la soprano Stefania Camaioni

mentre eseguono una lirica di Tebaldini

 

 

 

 

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Brescia, 10 maggio 2002

 

ATENEO DI BRESCIA

ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE E ARTI

Sede accademica

 

Conferenza del Maestro Mario Conter

 

GIOVANNI TEBALDINI

musicista fra i musicisti

 

con l’ascolto di brani di musica sacra e profana

Trois Piéces d’Orgue (1896)

Epicedio (1944)

A sé stesso (1935)

 

 

 

 

 

 

  

Il M° Mario Conter (a sinistra) e l’Avv. Pierfranco Blesio

 

 

 

 

Introduzione

 

Pierfranco Blesio1: Benvenuti e buonasera a tutti. Porto i saluti del Presidente, Avvocato Angelo Rampinelli Rota, che si scusa, ma un impegno lo trattiene fuori città. Ho il piacere di presentare il Maestro Mario Conter, nostro accademico, che terrà la relazione annunciata, in memoria di Giovanni Tebaldini nel cinquantesimo anniversario della morte. Proprio domani egli moriva nella patria adottiva, a San Benedetto del Tronto. Era socio di questa bicentenaria Accademia fin dal 1906 e con l’odierno incontro vogliamo ricordarlo con immutati sentimenti di gratitudine. Per non aggiungere e ripetere parole già dette e scritte, permettetemi di rileggere quanto l’allora Segretario, Professor Vincenzo Lonati, ebbe a pronunciare nel corso della solenne Adunanza dell’8 giugno 1941. Dapprima il Lonati parla di un lascito avvenuto in quel periodo da parte di un cittadino per borse di studio, in quanto l’Ateneo era considerato un’Istituzione che dava respiro culturale alla città, poi prosegue:

“Altra attestazione ci è venuta da un insigne concittadino che ha compiuto, quasi sempre lontano da Brescia, la sua ascesa luminosa nel campo dell’arte e che, raggiunta una fama che onora con l’Italia anche la città nostra, ha voluto dare una testimonianza del sempre memore affetto alla città della sua povera giovinezza, ricca di sogni, e all’Ateneo, vigile custode di una secolare tradizione, in cui Brescia attesta la sua nobiltà spirituale. È il Maestro Giovanni Tebaldini, insignito l’anno scorso  dell’Encomio Solenne dell’Accademia d’Italia per la sua esemplare attività di musicista, di scrittore, di educatore e per i suoi meriti di restauratore della grande Arte dei polifonisti italiani, per l’arte ispirata e austera, per i profondi studi e la fervida attività animatrice, che può far considerare l’insigne Maestro bresciano come uno dei più benemeriti rinnovatori degli studi musicali in Italia durante l’ultimo cinquantennio.

Egli, dunque, ha donato al nostro Ateneo, una raccolta di circa 300 volumi, tra opere musicali e libri riguardanti la musica, resi più preziosi dalle dediche autografe rivolte al maestro bresciano da scrittori e musicisti dei quali taluni di fama mondiale.

Ringraziamo l’illustre nostro concittadino anche a nome dei giovani musicisti, che in questo prezioso fondo di opere troveranno possibilità e ragioni di studio. Ripercorrendo le pagine da lui in buona parte segnate e annotate, leveranno il pensiero al Maestro, che già si curvò su di esse in meditante studio e che volle, con questo dono, lasciare una traccia di quel suo magistero che formò nobilissimi alunni, primo di essi Ildebrando Pizzetti”.

Inutile, come ho accennato, aggiungere altre parole, se non il ribadire, nel ricordo, la rinnovata e perenne nostra riconoscenza espressa anche a nome di quanti hanno a cuore i principi che stanno alla base del sapere e del suo progredire.

Prima di dare la parola al maestro Conter, voglio esprimere la gratitudine per la presenza a questo incontro della Signora Anna Maria Novelli, nipote e storica di Tebaldini, e del suo consorte Luciano Marucci, noto critico d’arte, che insieme, in occasione delle celebrazioni del centenario verdiano, hanno pubblicato un volume in cui, fra l’altro, anche attraverso documenti inediti, viene evidenziato il fecondo rapporto tra Tebaldini e Verdi, il quale, a un certo punto della vita, aveva scelto Tebaldini quale privilegiato interlocutore.

Grazie anche all’altro nipote di Tebaldini, Giancarlo Vicinelli, venuto da Milano con la sua famiglia.

La parola al Maestro Conter.

 

 

Relazione

 

Mario Conter2: Ringrazio il Professor Blesio che ha già detto belle parole su Tebaldini, ma la sua attività è stata enorme, per cui si potrebbe parlare delle ore. È stato un uomo poliedrico e bisognerebbe sviscerare tutte le facce per conoscerne la personalità.

Fu un musicista nostrano, un bresciano doc, nato nella nostra città il 7 settembre 1864, morto l’11 maggio 1952 a San Benedetto del Tronto, proprio come domani 50 anni fa. È un personaggio di tutto rilievo che visse nel periodo più tormentato dell’evoluzione musicale. Poliedrico come pochi altri artisti. Fu musicologo, compositore, paleografo, conferenziere, direttore d’orchestra, organista, didatta... Spirito acceso, vorace di ogni novità, attivissimo, intelligentissimo e di un carattere che si potrebbe considerare simbolo del secolare retaggio della Leonessa d’Italia, s’immerse nelle vicende della sua epoca con lo scopo, mai smentito, di riformare la musica sacra e liturgica nella chiesa. E ci riuscì - come vedremo - grazie alle sue granitiche convinzioni, all’intraprendenza, all’intuito infallibile. Fu in contatto con Giuseppe Verdi negli ultimi anni della vita del genio di Busseto, dal 1894 al 1901, e da lui trasse incoraggiamenti ed ebbe riconoscimenti che aveva sognato fin dalla adolescenza. Brescia gli ha dedicato una via, come pure Loreto e San Benedetto del Tronto, ma pochi furono i rapporti che lo legarono alla nostra città, avendola lasciata dai 16 anni in poi, tuttavia mai dimenticata.

Mi è grato ricordarne oggi la figura in seno all’Ateneo che gli fece onore, ben conscio che la mia persona non è all’altezza desiderabile per un compito così arduo.

Circa l’enorme attività svolta durante la sua lunga vita, sarebbe necessario parlare delle ore e non nel poco tempo a mia disposizione.

Cugino per parte della madre, di Padre Giovanni Piamarta, che lo incoraggiò ad intraprendere l’iniziativa della riforma della musica sacra, fin da giovanissimo era orripilato di ciò che avveniva nelle chiese dove gli organisti erano abituati a ripetere le arie d’opera o a parafrasarle, quand’erano in grado di farlo. La sua fu una lotta per tutta l’esistenza e quanta ragione avesse è confermato dal legame con gli spiriti più avanzati ed eletti, a cominciare da Giuseppe Verdi, il quale asseriva con la massima convinzione “Tornate all’antico e sarà un progresso”. Ma tornare all’antico non significava fermarsi all’ammirazione e allo studio dei testi di Monteverdi, Palestrina, Tartini, Cavalli, Martini, Marenzio e di tutti gli altri che fecero la gloria musicale d’Italia, bensì nutrirsi a quella scuola inimitabile, per poter proseguire con le esigenze del progresso o, meglio, degli sviluppi dei tempi che via via cambiavano. Si direbbe, in gergo sportivo, ‘prendere la rincorsa’ per poi andare avanti con sicurezza.

Tebaldini ebbe una personalità che si rivelò forte fin da piccolo. Curioso di tutto ciò che riguardava la musica che amava in modo totale, è interessante notare come a soli 15 anni fosse al Teatro Guillame (poi divenuto Sociale), per dirigervi i cori dell’opera. L’anno dopo è a Macerata, maestro dei cori al Teatro Comunale. Già questo inizio di attività rivela la sua precocità e la riconosciuta competenza. Intraprendente, riuscì ad entrare alla Scala per assistere alla rappresentazione del Simon Boccanegra e avrebbe voluto vedere Verdi, ma rimase deluso perché il Maestro di Busseto si era mostrato solo alla prima. Riesce a vederlo il 10 gennaio 1884, a 20 anni, dopo una prima di Don Carlos alla Scala. La sera successiva lo segue in un teatro dove è messa in scena la parodia del “Trovatore” di Edoardo Ferravilla: la chiamavano il “Minestron”. E lì vide Verdi insieme a Boito che si divertivano a quella rappresentazione. […]

Finalmente trova la via per l’incontro tanto agognato: a Sant’Agata, dopo vari contatti postali. […]

Un episodio fra i più importanti della vita di Tebaldini riconduce alla sua nomina a Direttore del Conservatorio di Parma, a soli 33 anni. Siamo ancora nel 1897, quando Verdi gli scrive una lettera che rappresenta uno stimolo fondamentale a compiere in quell’illustre Istituto le riforme che aveva in mente: “Maestro Tebaldini, scrivo a stento, ma mi è caro rallegrarmi con Lei, Direttore del Conservatorio di Parma. E più mi rallegro con codesto Istituto musicale, che avrà in lei un artista che saprà vincere gli inevitabili ostacoli alle riforme di cui abbisogna. La ringrazio e contraccambio gli auguri. Rallegramenti di nuovo, le stringo le mani”. Quest’ultima espressione di stima riempì di gioia Tebaldini, perché vedeva in quale amichevole considerazione Verdi lo tenesse come uomo e come artista. Si sa che Verdi era un tipo piuttosto schivo e poco tenero verso chiunque.

Faccio notare che Ildebrando Pizzetti fu allievo di Tebaldini il quale lo indirizzò all’amore per il gregoriano, sì che Pizzetti si rivelò come il “radicale riformatore della vocalità del teatro musicale italiano e ricercatore di un declamato denso di reminiscenze gregoriane”, per usare una felice espressione di Paola Ciarlantini.

Per ricordare meglio la figura di Tebaldini, vediamo per sommi capi la cronologia della sua lunga vita. Le informazioni derivano in gran parte dalla lettura del libro che ho qui: Idealità convergenti - Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini, bellissimo ed esauriente, sulla vita, l’attività, le relazioni con grandi artisti. È opera di Anna Maria Novelli, nipote di Tebaldini, e del giornalista e critico d’arte Luciano Marucci. Frutto di lunghe ricerche, riuscirà utilissimo ai cultori di musica.

 

[A questo punto il Maestro Conter ricorda le tappe salienti della carriera di Tebaldini]

 

Come si vede, quello di Tebaldini è stato un lavoro incalcolabile. Alfredo Gatta, attento alla sua carriera, ne diede regolarmente notizia sul “Giornale di Brescia” e sulle testate che lo precedettero. Anche il “Cittadino di Brescia” ospitò suoi saggi. Quindi, nella sua terra di origine, checché se ne dica, non fu del tutto ignorato. Ma generosa Brescia non fu. All’Ateneo bresciano Tebaldini fece dono di oltre 300 libri di cultura musicale, con dedica degli autori, e di importanti documenti sulla sua carriera. L’Ateneo, da parte sua, nel 1941, ristampò il programma di un famoso “Concerto storico” che egli aveva organizzato e diretto 50 anni prima a Venezia con musiche di antichi maestri da lui trovate negli archivi veneziani e tradotte in notazione moderna: Monteverdi, Cavalli, Bassani, Legrenzi, Rovetta ed altri ancora.

Soffermiamoci un momento sulla “brescianità” di Tebaldini. Oltre ai rapporti del Nostro con Verdi, certamente importantissimi perché personali e documentati con tanta fierezza culturale da mettere in luce alcuni aspetti totalmente inediti o trascurati della vita e dell’opera del Bussetano, credo sia necessario, soprattutto in questa sede, parlare dei rapporti Tebaldini-Brescia. Quanto fu “bresciano” Tebaldini? Secondo me molto più di quanto sembri. A Brescia nacque, precisamente dalle parti di Corso Magenta. A Brescia studiò con personaggi noti. Al Conservatorio di Milano, per essere ammessi, occorreva un’alta preparazione oltre a doti fuori dal comune. E sicuramente la preparazione a Tebaldini non mancava, quando il bresciano Antonio Bazzini, che era uomo di mondo e culturalmente informatissimo, lo accettò nella sede di cui era Direttore. A Brescia Tebaldini suonò in alcune chiese (fra le quali S. Agata). Nel tempo divenne socio corrispondente di questo Ateneo e mantenne una buona corrispondenza con l’allora presidente, il conte Fausto Lechi. Proprio dall’Archivio Lechi provengono alcune lettere inedite di Tebaldini che l’amico ingegnere Pietro Lechi mi ha fornito con la consueta gentilezza e disponibilità.

Tebaldini ha molti anni, ha passato gli 80, quando da San Benedetto del Tronto racconta di sé al conte Fausto. Poche notizie, ma che dimostrano la sua vivacità intellettuale, visibile anche dalla chiara calligrafia. Leggo qualche passo:

 

San Benedetto del Tronto 5 febbraio 1949

[…] I miei prossimi 85 anni; la salute assai menomata e la distanza che mi separa da Brescia, mi fanno accorto, purtroppo, che non mi sarà dato di tornare altrimenti nella mia città natale. Fiat voluntas Dei! Come rammento tutto della mia fanciullezza e giovinezza! Abitavo lì a San Barnaba, ed ogni mattina, uscendo dalla scuola, vedevo il Conte Diogene Vallotti, recarsi con le sue nobili Figliuole (forse fra di esse la di lei mamma) alla messa delle 11,30 a Sant’Afra. Oggi la bella parrocchia cinquecentesca, per la brutalità malvagia degli uomini più non esiste. Così è! Forse Ella, nel “Giornale di Brescia”, avrà letto alcuni miei articoli evocativi su Boito e Toscanini, articoli che mi hanno dato qualche soddisfazione. Oggi, pel motivo delle mie molteplici ricordanze, sarei sollecitato, e tentato anche, dalla Casa di Riposo Verdi di Milano, di recarmi colì a dire qualche cosa dei miei rapporti personali con Lui, col Grande! Da Modena si chiede il mio contributo per uno studio da leggere in quell’Accademia su un compositore cinquecentesco della forza di Muratori – Orazio Vecchi – ne la ricorrenza del IV centenario di sua nascita che ivi si intende commemorare solennemente pur col concorso di studiosi stranieri.

A Roma, l’Accademia di Santa Cecilia, oggi presieduta da Ildebrando Pizzetti, si sta preparando la riproduzione del primo melodramma secentesco – Rappresentazione d’Anima e Corpo – di Emilio de’ Cavalieri, da me riesumato… e pubblicato sin dal 1912. La mia presenza alla preparazione di esso sarebbe forse necessaria. Ma io non andrò né a Roma, né a Milano, né a Modena. 85 anni. Chacun à sa place! Per mio conto, sono rassegnato e ogni mattina sospiro: Sic transit gloria mundi! […]

 

San Benedetto del Tronto 10 febbraio 1950

[…] Non ho dimenticato le cortesie incoraggianti da lei usatemi quale Presidente di codesto Ateneo, e solo mi rammarico di non essere più in grado di tornare a Brescia (gli 86 sono prossimi) per ripeterle a voce questi miei sentimenti. Habent suas leges fata! Fra breve sulla rivista “La Scala” di Milano uscirà un mio scritto su “Berlioz contro Palestrina”. Farò il possibile di farglielo pervenire. Ho dettato ancora una lirica drammatica (Die Lerzte Stimme) su una bellissima poesia postuma di Ada Negri di cui recentemente ha parlato il “Giornale di Brescia” ricordando la presenza della Poetessa a Pontevico. È tratta dal volume “Fons amoris”! Ho trovato un’interprete eccezionale [la soprano Grazia Franchi Ciancabilla]. Chissà dove e quando potrò riuscire a farla eseguire! A Brescia? Ah, la verità del detto: nemo propheta ecc! Cinquant’anni di vita attiva attraverso tutta l’Italia e pure all’estero, non mi hanno meritato neppure uno sguardo benigno dei miei concittadini. Pazienza e rassegnazione! […]

 

Allora, Brescia se l’era dimenticata? O veniva in città solo per recarsi al cimitero dove è sepolta la figlia Anna Pia prematuramente scomparsa, eppure già pianista prodigio? Evidentemente nel cuore di quel padre sfortunato Brescia costituiva un riferimento costante: la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita, il quartiere natio dove si trova ora il Conservatorio, allora sede della “Filarmonica” e del “Venturi”, il salone “Pietro da Cemmo” e poi la villa Lechi di Montirone che, nel tipico linguaggio marchigiano diventa castello… Tebaldini sembrava favoleggiare la nostra città, che effettivamente avrebbe dovuto essere più prodiga di spazi per un simile talento di artista autentico. Ma sappiamo che essa è avara di riconoscimenti… glissons!

Ma quello che mi interessa è la brescianità artistica che riconosco in Tebaldini. Tenacia senza limiti che sfiora la caparbietà, arriva all’avventura per un ideale. Un carattere sempre fedele a se stesso che, se avesse potuto, avrebbe accettato persino sfide fisiche. Una fede incrollabile nell’estetica, nella poetica, nel pensiero da perseguire. Caratteristiche che si trovano in Chimeri, ad esempio, il quale rifiutò l’invito a dirigere il coro della Scala, preferendo l’approfondimento solitario, qui. E parlo di Chimeri, il maestro di un altro solitario inarrivabile, Arturo Benedetti Michelangeli. E ancora di un Isidoro Capitanio, geniaccio che desiderava tanto essere riconosciuto, ma che, per timidezza o chissà cosa, finì per sottrarsi all’avventura. […]

Debbo aggiungere che i musicisti bresciani quasi sempre hanno rivolto la loro attenzione al Conservatorio di Parma, più che a quello di Milano, perché Parma risulta essere più attuale come informazione culturale. […] Forse anche Tebaldini dimostrava un ineluttabile accento “nordico” nelle sue dottissime, seguitissime quanto provocatorie conferenze. Eppure, come regolare titolo di studio aveva solo la terza elementare.

Insomma, io sono convinto che esiste una linea di Scuola musicale bresciana che da Bazzini e la Società dei Concerti, attraverso diramazioni forse ancora oggi non del tutto svelate, arriva a toccare e a influenzare i compositori italiani più noti, nel senso del rigore, della curiosità continua verso ciò che sta accadendo ora e che è accaduto nel passato… Un senso storico-estetico preciso, un indirizzo dal quale non recedere (ricordo Camillo Togni, ad esempio, così avanzato, così colto, battersi, non importa con chi, o a quale prezzo). Non credo di dimostrare orgoglio bresciano per Tebaldini: semplicemente l’appartenenza ad un ceppo di artisti radicato, che si è espanso, grazie anche a lui, il quale magari avrebbe veramente voluto, come tutti, scrivere un’opera…, ma poi ecco l’esplosione della seconda Scuola di Vienna e di Strawinski che hanno concentrato su di loro e sulla rapida evoluzione che ne seguì, l’interesse del pubblico più attento e della critica.

Quanto alla musica sacra per la quale Tebaldini fu un campione irripetibile, bisogna riconoscere che l’enorme fatica spesa per raddrizzarne le sorti e riportarla alla sua vera funzione, col passare degli anni si è sfaldata, dispersa. Non per un ritorno alle romanze d’epoca in chiesa, bensì con la sostituzione del canto liturgico e della polifonia con canzoni in italiano, per giungere alle chitarre. Tutto per cercare di attirare più giovani, ma con risultati quanto meno discutibili. Abbiamo perduto il gusto della poesia in chiesa, gusto sostituito dalla banalità di certi canti. Ora però qualcosa sta muovendosi, più di frequente sentiamo canti gregoriani, cori polifonici ed è lecito sperare in una resipiscenza delle coscienze affinché la lotta, condotta da Tebaldini e pochi altri, torni alla luce e trionfi, finalmente. Forse siamo arrivati al “futuro lontano”, desiderato ardentemente da Giovanni Tebaldini.

A questo punto vorrei proporre l’ascolto di tre brani di Tebaldini registrati alla seconda Rassegna Internazionale di Musica Sacra di Loreto: uno stralcio è tratto da Trois Piéces d’Orgue (1896), per organo, premiato a Parigi; Epicedio per orchestra, scritto nel 1944 in memoria dei fratelli Paolo e Bruno Brancondi, trucidati dai tedeschi; quindi una lirica; A sé stesso (1935), da un testo di Leopardi, per voce e pianoforte. Vi prego di cogliere le differenze fra i periodi, l’evoluzione entro certi limiti imposti dalla sua radicata cultura liturgica e polifonica cinque-seicentesca. Certo, non bisogna dimenticare che nel frattempo, dopo Verdi, a Vienna avviene la rivoluzione dei linguaggi: Schoenberg, Webern e Alban Berg e poi Strawinsky e Bartok e Hindemith, fino ad arrivare ai giovani compositori che prendono spunto da quei grandi autori. Queste esperienze che cambiarono il modo di intendere la musica, il trionfo dell’atonalismo e della dodecafonia coi loro retaggi che sentiamo ancora oggi, passarono davanti agli occhi di Tebaldini che li conosceva, ma che non poteva aderirvi; […]

Nell’Epicedio si assiste ad una bella pagina di musica, ben strumentata, che si rifà al mondo di Puccini e Wagner. C’è dunque una dicotomia palese fra il divulgatore preparatissimo del gregoriano e della polifonia e allo stesso tempo innamorato dell’opera, in primis di Verdi. Praticamente si può parlare di un avvicinamento a Wagner, tanto più ricordando il periodo di Ratisbona. Il più autentico Tebaldini lo troviamo nella lirica A sé stesso e anche nelle liriche su testi di Fogazzaro. Il colto Tebaldini si piega al canto liberato, sentito, sincero, senza complicazioni accademiche o prese in prestito.

Tebaldini è una figura di musicista che andrebbe rivalutata dopo tanti anni di dimenticanza. Del resto non è il solo del periodo a cavallo dei due secoli (periodo che egli ha ampiamente superato), finito nel dimenticatoio, a cominciare dal suo conterraneo Marco Enrico Bossi, celebre organista e compositore, che Tebaldini stimava moltissimo, per finire con l’ammirato Lorenzo Perosi.

 

Interventi

 

Luigi Inzaghi3: Permettetemi qualche parola. Io sono l’autore di questo libro sull’Epicedio. L’ho realizzato assieme al dottor Marucci che tanto gentilmente si è impegnato a farlo pubblicare. Avevo preparato uno studio di cento pagine per L’Università Cattolica di Milano, ma poi ne sono state pubblicate solo dieci sulla biografia di Tebaldini. Le pagine rimanenti hanno trovato posto in questo libro. Poi, a riscoprire ulteriormente il personaggio, è arrivato il volume sui suoi rapporti con Verdi. Adesso c’è da augurarsi che qualcuno pubblichi il catalogo delle sue opere musicali. Sono circa trecento: la metà di musica sacra, che egli eseguiva quasi tutti i giorni al tempo di Venezia, Padova e Loreto. Componeva pezzi per il suo coro, soprattutto per organo. Sono composizioni molto belle e interessanti. Nel campo della musica sacra alcune cose si conoscevano, ma quanto è compreso nel catalogo generale nessuno lo conosce. Se si potesse pubblicare sarebbe veramente un fatto rilevante. Ci sono tra l’altro tutte le collocazioni, per cui chi volesse eseguire una musica si trova facilitato. Tra le profane c’è questo Epicedio, che io ho conosciuto per caso. Già trent’anni fa mi ero interessato di Tebaldini, perché un prete di Pavia, Edoardo Negri, che aveva discusso la tesi su di lui, è stato mio insegnante. Ci teneva a pubblicarla, ma a quel tempo non fu possibile. Recentemente, mentre scrivevo un libro sul tenore Alessandro Bonci, sono entrato in contatto con i parenti che abitano a Loreto. La Signora Renata Brancondi, mi disse di essere in possesso di tante lettere di Tebaldini che era stato amico di sua madre. Le ho volute leggere e le ho trovate veramente ricche di cultura e di sentimenti. Testimoniano gli ultimi dieci anni di vita del Maestro. Parlano spesso del marito della Signora, Paolo Brancondi, uno dei due fratelli uccisi dai tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale, il giorno prima che i tedeschi lasciassero Loreto. Tebaldini stava lì. La mattina, uscendo per andare a messa, ha sentito la gente che commentava l’accaduto e in chiesa gli è venuto in mente il tema principale della composizione. Giustamente, come ha detto il Maestro Conter, è un’opera che può dirsi reazionaria, perché non è atonale. Adesso è il momento giusto per tirare fuori certe cose. Negli anni Sessanta non si poteva: dappertutto c’era solo musica atonale. Ci hanno fatto impazzire con certe cose strazianti. Quando ho ascoltato l’Epicedio, sono rimasto veramente sorpreso. È una composizione che merita la pubblicazione e di essere eseguita ancora. Nel libro abbiamo inserito la riduzione per pianoforte, che però sconsiglio. Con l’orchestra è tutta un’altra cosa. I fiati, i violini… danno dei colori! Ogni anno, dopo la morte dei Fratelli Brancondi, la riduzione veniva eseguita nella Basilica di Loreto con l’organo. Morto Tebaldini, si è persa la tradizione, ma, finché ci sarà Marucci, potrà batter cassa per farlo eseguire di nuovo.

Nei dieci anni in cui Tebaldini è vissuto a San Benedetto del Tronto, tornava a Loreto per far visita alla tomba di famiglia e non mancava di incontrare la Signora Brancondi, che era colta, laureata a Firenze. Tebaldini le raccontava di Ratisbona e le spiegava come là avesse conosciuto la vera musica e capito che il giusto canto gregoriano era quello di Solesmes. Ratisbona, Milano, la musica sacra, i fatti di Parma, già ricordati dal Maestro Conter. È là che Tebaldini si scontra con la Massoneria. Lo scrive anche al Ministro della Pubblica Istruzione. Combatte, cerca di resistere, ma gli muore una figlia e non trova più la forza per andare avanti. Non se la sente di continuare a combattere. Del resto, anche se lì ha fatto cose bellissime, Parma non era il suo posto. Ha avuto il coraggio di introdurre il canto gregoriano in Conservatorio, quando la Massoneria era contro i preti. [A questo punto Inzaghi legge la voce “clericalismo” a pagina 31 della pubblicazione L’anima di Cavallotti di P. Bardazzi - edita da Sonzogno nel 1908, nella collana Biblioteca Universale - che riflette il pensiero negativo dei massoni sull’argomento].

Tremendo veramente! E Amintore Galli, massone di Milano, fu mandato a giudicare l’operato di Tebaldini a Parma. Galli era della Casa Sonzogno, ma nei confronti di Tebaldini è stato equilibrato. Tebaldini fu scagionato, però, se ne andò lo stesso; non voleva più quella gente attorno e si chiuse a Loreto, pur andando in giro a dirigere concerti e a tenere conferenze. Io penso che abbia fatto molto bene, perché la musica sacra è andata avanti ed egli ebbe l’apprezzamento di Papa Pio X. È stato addirittura fatto capo di una Commissione Ministeriale per la riforma dei conservatori e da Parma gli sono venute le più belle soddisfazioni con l’allievo Pizzetti, un altro che dovrà essere rivalutato.

Quando Conter nominava la questione Fumagalli, pensavo alle giuste idee di Tebaldini. Infatti, nella Messa non si mettono pezzi della Traviata o del Rigoletto… E il suo Professore lo ha fatto radiare dal Conservatorio. Racconto un’altra storia indicativa del carattere intransigente di Tebaldini. Nel 1917 organizzò a Bologna dei “Concerti Spirituali”. Tra i cantanti c’era Bonci. Il programma preparato da Tebaldini comprendeva musiche sacre del ‘500 e del ‘600. Il primo concerto andò bene; per il secondo fu chiesto a Bonci di cantare, durante l’intervallo, l’Ave Maria di Gounod, e il cantante acconsentì. Tebaldini venne a sapere della cosa due ore prima del concerto. Ha preso il treno ed è tornato a casa. Era veramente tutto d’un pezzo; certe cose non le accettava. Forse era un bresciano…

 

Pierfranco Blesio: Ringrazio il Maestro Conter per la compendiosa relazione, anche se il tempo non ha permesso di approfondire più di tanto la figura complessa di Tebaldini. Sicuramente è riuscito, però, a delineare un affresco vivo, colorato di questo insigne bresciano.

 

Mario Conter: Vorrei rivolgermi ai rappresentanti dell’Istituto di Padre Piamarta per la pubblicazione del catalogo delle opere di Tebaldini. Tra l’altro Piamarta era suo parente. Lancio la proposta e magari poi vedremo di trovare qualche altro aiuto.

 

Padre Guido Mantovani4: Sì, è vero, Tebaldini era cugino di Giovanni Piamarta il quale lo sosteneva. In una lettera gli diceva che doveva essere uno dei riformatori della musica sacra e gli portava l’esempio negativo di una schola cantorum di Milano che eseguiva musiche come canzoni. Tebaldini è stato un grande studioso e un convinto diffusore del canto gregoriano. Quando Mons. Sarto era a Mantova chiese a Tebaldini di impegnarsi in questo senso ed egli lo ha fatto a Venezia, a Padova e a Loreto. Ed ha sviluppato l’attività di propositore di musiche antiche sconosciute, prima mai ascoltate. A Parma l’accusavano di essere troppo cristiano, di spendere troppi soldi per accompagnare gli studenti a sentire importanti concerti e così via. Fu lui stesso a chiedere l’inchiesta, tanto era sicuro dell’onestà del suo operato. Alla fine egli venne addirittura lodato. Il Ministro gli chiese di rimanere a Parma, ma Tebaldini fu irremovibile.

Dei suoi rapporti con Brescia, parlava spesso con l’amico Vincenzo Lonati facendogli capire che la sua città non era molto convinta di lui. Nonostante ciò, negli ultimi anni di vita, esprimeva il desiderio di tornare, tra i suoi colli e la sua gente. Ma la sua salute non gli permise di farlo.

 

Mario Conter: C’è da ricordare anche l’episodio del Vescovo di Parma, Mons. Pagani, che in un congresso di musica sacra, per appoggiare i parrocchiani, si dimostrò contrario all’esecuzione dei canti gregoriani e della polifonia in chiesa. Scoppiò una “guerra”, risolta dalle prescrizioni papali che davano ragione a Tebaldini e agli altri sostenitori della riforma.

Quante cose si potrebbero dire di Tebaldini! Ha avuto una vita intensa e lunga di cui bisognerebbe approfondire i diversi aspetti.

 

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1.  Blesio Pierfranco, avvocato bresciano, è Segretario dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di quella città.

 

2.  Conter Mario, già titolare di una classe di Pianoforte Principale al Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia, ha insegnato per dieci anni al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Allievo di Arturo Benedetti Michelangeli e di Dinu Lipatti, in Duo pianistico con la moglie Lydia, ha tenuto concerti in Italia, Europa, Americhe, Giappone e Australia, ottenendo grande successo ed ha suonato in Festivals di prestigio, per le Radio e Tv di molti Paesi. Nel 1970 ha fondato l’Orchestra “I Cameristi Lombardi”, raccogliendo consensi in sale di fama internazionale, come la Carnegie Hall, il Metropolitan, la Kaufmann di New York; la Grande Sala del Conservatorio e la Sala Ciaikowsky di Mosca, a San Pietroburgo, Tokio e in altre città giapponesi. In Italia si è esibito al Teatro alla Scala di Milano, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma e in sedi importanti di altre città. Ha collaborato a varie riviste musicali tra cui “Amadeus”. Ha curato la critica musicale per il “Giornale di Brescia” e dal 1979 fino alla morte, avvenuta nel 2005, è stato Presidente della Fondazione “Romano Romanini”.

 

3.  Inzaghi Luigi (Pavia, 1943 – vive e lavora a Baranzate, Milano) ha studiato musica con il padre, maestro di banda, e all’Istituto “F. Vittadini” di Milano. Laureatosi in Storia della Musica presso l’Università Cattolica di Milano sotto la guida di G. Vecchi e S. Martinotti, ha seguito corsi di Paleografia musicale e quelli della Scuola Superiore delle Comunicazioni Sociali. Ha lavorato con il prof. Claudio Sartori all’Ufficio Ricerche Fondi Musicali. Ha pubblicato, su vari quotidiani, interviste ai più noti interpreti del nostro tempo, collaborato con importanti editori per le enciclopedie musicali e scritto libri su Rolla, Ponchielli, A. Galli, Boito, Bottesini, Sammartini, Ragazzini, Bonci, Tebaldini e altri. Ha prodotto diversi dischi, tenuto conferenze sui musicisti oggetto dei suoi studi, curato un nutrito numero di edizioni di canzoni popolari italiane e la raccolta Canzonette inedite (Ed. Meravigli) di Donizetti. Nel 1995 è stato nominato “esperto” per la certificazione dei violini cremonesi. Nel 1999 ha ricevuto il Premio Speciale Pieve Santo Stefano per il libro A Messa con l’Imperatore.

 

4.  Mantovani Guido, sacerdote della Sacra Famiglia di Nazareth, fondata da Padre Piamarta. Curava la memoria storica della Congregazione. È scomparso nel 2004.

 

 

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