GIOVANNI TEBALDINI E MARIO PILATI

Un esemplare sodalizio artistico e umano, tra classicità e contemporaneità

 

Giovanni Tebaldini (Brescia, 1864 - San Benedetto del Tronto, 1952) nella sua lunga esistenza di intellettuale impegnato nell'arte del suono, si era posto anche l’obiettivo di formare le nuove generazioni, avviandole verso gli alti ideali musicali a cui credeva fermamente. Quali fossero è presto detto: operare per la riviviscenza della più nobile tradizione da cui trarre energie per un’evoluzione coerente.
Con competenza, integrità morale, entusiasmo e capacità di comunicare riusciva ad attrarre l’attenzione dei giovani compositori e musicologi. Così era stato per Giulio Bas e Giovanni Concina a Venezia; alcuni studenti del Conservatorio di Parma al tempo del suo direttorato (determinante l’influenza su Ildebrando Pizzetti); Luigi Colonna e Giulio Confalonieri; quanti assistevano alle sue erudite e ispirate lezioni nei Conservatori di Napoli, Roma, Cagliari, Pesaro, ai suoi “Concerti storici” e ad altre esecuzioni. Perfino i critici musicali Franco Abbiati, Mario Rinaldi, Gino Roncaglia, Giulio Fara, pur non essendo stati suoi allievi, lo consideravano un solido punto di riferimento culturale e spirituale.
Alla luce della documentazione rinvenuta, non meno fecondo fu il sodalizio con il musicista di talento Mario Pilati (Napoli, 1903 - ivi, 1938), anche se di più breve durata, perché scomparso a soli trentacinque anni.
Vediamo come si erano conosciuti e frequentati.
Su invito del poeta Salvatore Di Giacomo e della direttrice di cori Emilia Gubitosi, nel 1919 Tebaldini era arrivato a Napoli in veste di ‘esperto’, per contribuire alla fondazione dell’Associazione “Alessandro Scarlatti” e tenere i primi concerti con musiche da lui trascritte in notazione moderna: Rappresentazione d’Anima e di Corpo di Emilio de’ Cavalieri, Euridice di Peri e Caccini, Jephte di Carissimi e altre di Frescobaldi, Scarlatti, Bassani, Gabrieli…
Tra il 1925 e il 1930, quando il direttore Francesco Cilèa gli assegnò al Conservatorio “San Pietro a Majella” la cattedra speciale di Esegesi del Canto gregoriano e della Polifonia palestriniana, vi aveva soggiornato a lungo. Certamente in quel periodo Tebaldini conobbe Pilati, già allievo di composizione nella classe di Antonio Savasta. Lo prova una lettera del 16 marzo 1926 alla promessa sposa Antonietta Margiotta che viveva a Cremona: “Torno ora dal conservatorio ove sono stato a sentire una lezione di Canto gregoriano del maestro Tebaldini”.
Il 30 luglio successivo il giovane seppe di aver vinto il Premio “Bellini”, bandito dal Conservatorio di Napoli, con il poemetto lirico “A sera”, su testo di Antonio Fogazzaro. La Commissione era formata da Cilèa, De Nardis, Gennaro Napoli, Cotrufo e Tebaldini, il quale con una motivata relazione aveva determinato il riconoscimento. Tra l’altro in essa si diceva: […] Il fondo simbolico descrittivo della concezione poetica è stato compreso e reso in modo colorito ed efficace.

 
[…] Il M° Pilati che è giovane nutrito di modernità ha saputo sforzarsi e manifestarsi nell’equilibrio imposto dalle leggi architettoniche ed estetiche della visione poetica. L’atmosfera che domina nella sua composizione ritrae e rende idealmente la sensazione vaga, indeterminata, quasi nostalgica del paesaggio descrittivo e ridestato nell’animo dell’auditore dal poeta di Valsolda. L’eco delle campane ripercuotentesi per le valli montane; la mestizia della sera, che si può riallacciare nel sogno alla pura e celebre immagine del Purgatorio dantesco, vibrano, nella composizione del M° Pilati, con intensità di vita. […]

 

Pilati aveva conseguito brillantemente il diploma nel 1923, in soli quattro anni di studi e, ben presto, con le sue composizioni aveva colto gli iniziali successi che gli valsero l’interesse del Maestro, come pure la sua approvazione per essere stato talmente deciso a seguire la sua vocazione, da mettersi contro il padre che lo avrebbe voluto contabile.
Era artista di indubbie qualità, dotato di acuta intelligenza. Ottenuta la cattedra di composizione al Civico Liceo Musicale di Cagliari, vi insegnò nell’anno scolastico 1924-25, mantenendo i contatti con la città natale dove tornava in occasione delle prime esecuzioni di sue musiche. Rivedeva allora Tebaldini al quale lo univa un’amicizia sempre più sentita. Successivamente aveva concorso per le cattedre di armonia, contrappunto e composizione nei Conservatori di Firenze e Parma. In quest’ultimo, nonostante la superiorità dei suoi titoli artistici e didattici, era stato giudicato vincitore ex aequo con Rito Selvaggi (che aveva presentato il solo diploma di composizione) e, alla fine, con un verdetto che fece scalpore, gli era stato preferito l’altro, appoggiato dal Regime. Lasciata Cagliari e anche Napoli - per l’inasprirsi dei rapporti col padre, con il quale ormai non era più possibile alcun dialogo - si era stabilito a Milano (1926-30), dando inizio ad un periodo di fervida attività come musicista e musicologo. Per la “Ricordi” – che cominciava a stampare le sue composizioni - lavorò a riduzioni di opere di vari autori. Inoltre si dedicò all’insegnamento privato, avendo ad allievi Gianandrea Gavazzeni, Pietro Clausetti e Giacomo Saponaro. Tornò a Napoli come professore di armonia e contrappunto (1930-33), quindi, da titolare della cattedra di composizione, si trasferì al Conservatorio di Palermo (1933-38), per rientrare nella città d’origine solo tre mesi prima della scomparsa, come insegnante di contrappunto, fuga e composizione.
La sua apparizione nell’universo musicale è quella di una luminosa meteora che si spegne nel momento di massimo fulgore dopo aver lasciato tracce indelebili.
L’incontro Tebaldini-Pilati fu significativo per entrambi. Il sessantenne maestro bresciano trovò in lui il terreno fertile e la disponibilità ad accogliere e diffondere il suo messaggio - per la verità non sempre compreso - di intransigente restauratore e insieme di innovatore. Pilati, ispirandosi alle voci più autentiche della nostra tradizione popolare e ai modi della grande musica strumentale del passato, esplorava felicemente nuove dimensioni. Non a caso, a proposito della sua musica, Gavazzeni parlerà di “barocco meridionale, pieno di estri cantanti e di slanci”. E in un convegno a Napoli del 2003, il Professor Gianluca D’Agostino ha focalizzato il ruolo avuto dai due nella riappropriazione del “genio italico”, come mezzo per la rigenerazione della nostra musica.
Alla loro unione contribuiva anche Pizzetti, pupillo di Tebaldini e guida ideale di Pilati. Tutti e tre erano alla ricerca di un altrove, senza prescindere dalla storia, nella consapevolezza dei valori linguistici ed etici dell’italianità musicale.
L’amicizia fra Tebaldini e Pilati fu autentica, funzionale al lavoro e caratterizzata da una forte complicità umana. Non si affievolì neanche quando si trovarono geograficamente distanti. Nel dicembre 1928, a Cremona, assistendo al matrimonio di Pilati, a cui il dispotico genitore non aveva voluto intervenire, Tebaldini aveva tenuto a farne le veci. E seguì con affetto, riconosciuta autorità e apprensione gli eventi lieti e tristi della sua vita: la nascita delle figlie, il successo delle esecuzioni, gli incarichi, la malattia.
Lo testimoniano le numerose lettere. Da Palermo il 1° agosto 1936 Pilati gli scriveva:

 

[…] Ho rievocato anch’io i giorni non lontani, ma vivi nel ricordo (eppure già sommersi dall’onda del tempo), in cui ci facevamo tanta buona compagnia, noi isolati e indipendenti spettatori delle quotidiane agitate vicende che avevano a teatro il vetusto edificio [il Conservatorio di Napoli?] all’insegna dell’ “Alice fresca”… E ho ricordato le nostre sedute di esami, lunghe, noiose, interminabili, ma pur rallegrate dal vostro inesauribile e corrosivo buon umore. Fu proprio allora che il sottoscritto vi inoculò il demoniaco gusto dell’estratto musicale, da Voi poi elevato a monumento. […]

 

Il 15 ottobre dello stesso anno:

[…] Lavoro poi molto, in parti uguali, ad un trattato di contrappunto commissionatomi da G. M. Gatti per una collezione musicale edita da Tumminelli, ed alla mia prediletta opera napoletana [Piedrigotta]. […] In quest’anno vedrò pubblicato da Ricordi sia il “Concerto” stesso che altre cosucce, nonché alcune mie trascrizioni dai “Capricci” paganiniani e una abbondante raccolta di pezzi pianistici da Carisch. Come vede, per quanto esiliato quaggiù, non me ne sto inattivo. […]

 

Proprio a Palermo Pilati fece eseguire il Quintetto pel Natale di Tebaldini, composizione che fu trasmessa dall’Eiar il 17 maggio 1935 - nell’ambito di un “Concerto di musica italiana contemporanea” - ripetuta il 6 gennaio 1936 nel “Concerto per l’Epifania”.
Vale la pena rammentare che, allorquando il Ministro della Pubblica Istruzione Paribeni scelse Tebaldini a far parte della Commissione per il superamento del periodo di prova di Pilati, per onestà intellettuale, egli non si sentì di accettare e fu sostituito da Vito Frazzi.
Quanta trepidanza in Tebaldini per l’evoluzione del male che aveva colpito il povero Mario! Ne parlava spesso nella corrispondenza, soprattutto con Pizzetti. La speranza si riaccese con l’intervento chirurgico effettuato da un luminare del tempo (il professor Muscatello di Catania), ma poi subentrò lo sconforto per l’inesorabile fine, la tristezza e la preoccupazione per la sorte delle tre orfane ancora in tenera età, le quali, sette anni dopo, avrebbero perso anche la madre. Il 30 novembre 1938 Tebaldini scriveva alla soprano Pina Agostini Bitelli:

 

[...] Il povero M° Pilati [...] va innanzi sempre peggiorando ed aggravando. L’altro jeri ebbi una lettera disperata della Sua Signora. Egli... che non vuole vedere più nessuno – desidera la mia presenza... ed io invece sono qui sempre perseguitato dalla sofferenza che Ella sa [lo spasmo al cardias]. [...]

Il 28 dicembre alla moglie dell’amico:

 
[…] Dopo il mio accorato telegramma del g.no 11 da Milano, avrei dovuto scriverLe un po’ a lungo, dirLe, esprimerLe il mio doloroso rammarico innanzi alla triste realtà - che pur preveduta – ci ha d’un tratto piombati nello sgomento il più tragico. Povero… caro Amico! Avevo offerto al Signore la mia stessa esistenza pur di salvare la Sua a Lei, Sposa affezionata, alle Sue bimbe, all’Arte. Dio ha disposto diversamente. […]
 
Il 21 gennaio del ’39, ancora rammaricato:
 
 

[…] ho perduto il mio più autorevole assertore e difensore.

E il 23 febbraio all’ingegner Ambrogio Agostini (marito della predetta cantante):

[...] Loro avranno appreso, certamente subito dopo la disgrazia, come abbia terminato i suoi giorni il caro e buon amico Mario Pilati. È stato un compianto generale. Né soltanto in Italia. A soli 35 anni!
Da lontano, perché fui impedito dal mio stato di salute di recarmi a Napoli, ho potuto guidare gli ultimi atti della sua vita... in senso spirituale. Lui desiderava; la sua Signora ajutava; la sorella... non voleva. Fenomeni del cuore umano! Ma con un po’ di risolutezza il desiderio del morente è stato esaudito. Le dirò un’altra volta delle condizioni di sua Famiglia. Per fortuna c’é stato chi ha provveduto alla Vedova ed alle tre bambine in modo permanente. [...]


L’anno più ricco di corrispondenza era stato il 1929, quando Da Nova, direttore del “Bollettino Bibliografico Musicale”, affidò a Pilati il compito di redigere uno studio su Tebaldini. Dense di informazioni sono le lunghe lettere che l’amico gli indirizzò in quel periodo, riordinate dalla figlia Laura che, legittimamente, va promuovendo, con amorevole impegno, la riscoperta del padre. In esse Tebaldini si racconta con particolari fino ad allora mai esternati e narra dei rapporti con i più importanti personaggi del mondo musicale europeo. Pilati, che di Tebaldini aveva stima e rispetto, dando anche prova di essere un ottimo critico, scrisse un saggio tra i più documentati e partecipati.
Nel 1932-1933 Tebaldini tenne a Napoli una serie di lezioni su “La scolastica di Padre G. B. Martini”. Il testo apparve a puntate nelle “Rivista Musicale Italiana” del 1939-’40. Nell’estratto si legge:


Dedico questo Studio alla memoria cara di Mario Pilati decesso prematuramente e troppo presto rapito all’affetto de’ suoi amici docenti e discenti. A lui ebbi occasione di additare per primo le grandi opere teoriche del P. Giambattista Martini delle quali, ne’ suoi brevi anni di insegnamento nei RR. Conservatori di Palermo e Napoli, fece poscia tesoro costante traendo da esse elementi fondamentali per le sue osservazioni teorico estetiche quali – sia nella scuola che in quel Trattato di composizione che pazientemente andava compilando [rimasto incompiuto] – veniva egli doviziosamente raccogliendo ed illustrando con dottrina ed amore. M’auguro che questo tributo d’affetto valga a tener viva la spiritualità dei rapporti intercorsi fra di noi per ben dieci anni: paterni per me, filiali per Lui.

Tassello su tassello, ancor oggi si va ricostruendo la loro profonda relazione grazie alle appassionate ricerche degli eredi, i quali ci ripropongono anche un clima d’altri tempi in cui le idealità e i sentimenti avevano un valore primario.


a cura del Centro Studi e Ricerche “Giovanni Tebaldini”, Ascoli Piceno


 

 

 

 Tebaldini e Pilati con in braccio la figliola. Sul verso della foto la scritta autografa:  “Mario e Anna Maria Pilati

a Giovanni Tebaldini ospite illustre e caro nel loro rifugio campagnolo. Cegnone (Cremona), giugno 1930”

 

 

 

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