LA BOHÈME MILANESE

 

 

L’incontro di Giovanni Tebaldini con Milano data al 1881. Diciassettenne, viene scritturato come direttore dei cori al Teatro Castelli per le opere Semiramide di Rossini e Guarany di Gomez. È dell’ottobre 1883 il suo definitivo trasferimento dalla città natale (Brescia) al capoluogo lombardo.

Grazie all’intelligenza e alla preparazione acquisita con i maestri bresciani, è bene accolto nel Conservatorio di Musica che frequenta con alti meriti. In “Bohème milanese d’altri tempi” e “La fucina degli artisti” (“Avvenire d’Italia”, 6 settembre e 3 ottobre 1912) ricorderà la vita scapigliata degli studenti di quel Conservatorio (alcuni dei quali sapevano più di Bacco che di Bach), frequentatori del “Savini”, del “Biffi” e del “Cova”. Ed evoca personaggi semplici ma ricchi di umanità: il venditore di caramelle (ex clarinettista della Banda di Casalbuttano) che ogni mattina li attendeva all’entrata del “Tempio dell’Arte” per narrare dei ‘clienti’ famosi, passati e contemporanei (da Ponchielli a Boito, da Faccio a Coronaro, da Puccini a Mascagni); il “buon Tito”, inserviente del Conservatorio che assumeva atteggiamenti paternalistici consigliando “sul ramo e lo strumento cui dedicarsi” e stimolando allo studio… Memorie che restituiscono il clima culturale e sentimentale di una parte della Milano di quegli anni. Sulla scena: Gaetano Negri, filosofo ateo e oratore eloquentissimo, seguito dall’aristocrazia intellettuale; Felice Cavallotti, forte d’una cultura classica, ma pervaso di ideologie massoniche; Antonio Stoppani, scienziato illustre, che vive tra riconoscimenti e critiche; Ausonio Franchi che nelle lezioni di Storia della Filosofia, dapprima si mostra seguace di Kant, poi vicino al pensiero di Tomaso d’Aquino.

Tebaldini a quel tempo “sgaiattola un po’ dappertutto per ascoltare or l’uno or l’altro: dal Salone dell’Alessi al Teatro Manzoni; dall’Accademia al Caffè Martini; dal Museo dei Giardini Pubblici al Circolo Filologico di via Silvio Pellico”. Nel gennaio del 1884, per le prove di Don Carlos alla Scala, si assenta dalle lezioni letterarie del pomeriggio per tentare di incontrare Verdi. Un giorno vede entrare Tamagno e, subito dopo, il Grande Maestro, ma non ha il coraggio di presentarsi. Lo rivede acclamato alla prima rappresentazione e, con Boito, al Teatro Milanese, mentre assiste alla parodia del Trovatore di Ferravilla.

Altro ambiente da lui frequentato in quel periodo, la scuola serale di Don Guerrino Amelli, il promotore della riforma della musica sacra in Italia. Lì segue le lezioni di canto gregoriano e polifonia, fa il pianista accompagnatore e collabora a “Musica Sacra”, entrando in corrispondenza con importanti personalità del settore.

Nel 1885 è nominato organista e maestro della prima Schola Cantorum della diocesi di Milano in quel di Vaprio d’Adda, dove conosce la futura moglie Angioletta Corda.

Quando una crisi depressiva colpisce l’Amelli - che si ritira nell’Abbazia di Montecassino lasciando la scuola, il periodico, la casa editrice e il resto - Tebaldini, per non far interrompere la pubblicazione della rivista, la redige quasi tutta da solo. Ne è direttore Terrabugio; il conte Lurani dà il necessario aiuto finanziario. Nello stesso anno comincia a collaborare a “La Sentinella Bresciana” e alla “Gazzetta Musicale di Milano” di Giulio Ricordi. Dal 1° gennaio successivo diviene il critico musicale di un nuovo quotidiano, “La Lega Lombarda”. In quella veste recensisce una nuova Messa del suo professore d’organo, Polibio Fumagalli, eseguita nella Chiesa di San Carlo. Alcune sue riserve sullo stile non proprio chiesastico della composizione gli causano l’espulsione dal Conservatorio (è il febbraio dell’’86). Ma il brutto colpo non fiacca il suo spirito battagliero. Luigi Illica, “commediografo in auge” gli dà da musicare il suo primo libretto Fantasia Araba. Continua a impegnarsi sul fronte della riforma della musica sacra e a pubblicare liberamente articoli sulla rivista di Ricordi, come pure su “La Lega Lombarda”, dove si firma con lo pseudonimo di Cidno (dal colle Cidneo su cui sorge il Castello di Brescia).

Alla morte del suo amato Maestro di composizione Amilcare Ponchielli (16 gennaio 1886), ne appronta il ‘coccodrillo’, riferisce sui funerali e sugli inediti lasciati. Per lui, come per Verdi, nell’arco della sua esistenza tornerà più volte a tenere conferenze e a dettare articoli e saggi per varie testate. Ha realizzato anche un libro rimasto inedito, al quale il “Centro Studi e Ricerche” sta lavorando.

Nel novembre 1886 a Tebaldini viene offerta la supplenza di Roberto Remondi, suo maestro a Brescia, quale organista della Cattedrale di Piazza Armerina (Caltanisetta). Accetta e ai primi di dicembre si trasferisce. Dopo alcuni mesi torna a Milano e riprende l’abituale attività di direttore della Cappella Musicale di Vaprio d’Adda e di critico musicale su “Musica Sacra” e “La Lega Lombarda”. Resterà a Milano fino a dicembre del 1888, quando partirà per la Germania.

 

     a cura del Centro Studi e Ricerche “Giovanni Tebaldini”

 

 

 

Cortile interno del Conservatorio di Milano

 

 

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