GIOVANNI TEBALDINI

Accademico di S. Cecilia

 

Il maestro Giovanni Tebaldini, l’insigne musicista largamente noto come compositore, musicologo, direttore del Conservatorio di Musica di Parma e delle Cappelle nelle Basiliche di Venezia, Padova e Loreto, è stato nominato Accademico di Santa Cecilia in riconoscimento dei suoi meriti artistici.

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Giovanni Tebaldini che è stato un poco il maestro di tutti noi, ha avuto finalmente, a 84 [86] anni un riconoscimento che gli spettava da moltissimi anni: quello della nomina ad Accademico di Santa Cecilia. Se una tale nomina onora l’illustre maestro, essa onora anche la secolare Accademia. Giacché Giovanni Tebaldini ha dato all’arte musicale, con l’insegnamento, con le opere, con gli scritti, con la sua cultura un contributo tra i più alti e fecondi. Il fervore della ricerca e della divulgazione delle grandi opere italiane, del sei e settecento ha inizio con lui; a lui si deve se in tempi indifferenti a quel mondo così affascinante e così ricco di capolavori, l’attenzione si è fermata, ad esempio, su «La Rappresentazione di Anima e di Corpo» di Emilio del Cavaliere; a lui si deve il ritorno appassionato alle grandi forme polifoniche; a lui, e attraverso le esecuzioni e gli scritti polemici, la rinascita di un interesse assopito, se pure nell’ottocento era mai esistito, verso quelle forme e quei capolavori; a lui l’inizio di quei ritrovamenti e trascrizioni, riesumazioni e divulgazioni che poi hanno appassionato tanti altri valorosi musicisti e che hanno dato tanti e così splendidi frutti. A lui soprattutto si deve l’esempio di una nobiltà ed elevatezza di arte e di amore per l’arte e di una instancabile volontà di bene operare. Per questo Giovanni Tebaldini è stato un poco il maestro di tutti quanti all’arte hanno dedicato le loro energie e la loro volontà di ricercatori del bello. E tutti oggi plaudono a questa sua nomina ad Accademico di Santa Cecilia e formulano i più devoti, affettuosi, fervidi auguri per una lunga vita che, spesa interamente per l’arte, è ancora oggi, e sia per molto tempo ancora, esempio di operosità e di umiltà per tutti.

 

( [non firmato, ma di Lodovico Ferdinando Lunghi], “Il Giornale d’Italia”, 18 gennaio 1951, p. 5)

 

 

 

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