GIOVANNI TEBALDINI

 

 

Il nome del Maestro Giovanni Tebaldini, pure onorevolmente affidato alle sue composizioni specialmente chiesastiche, resta in particolar modo legato a quella riforma della musica sacra alla quale partecipò con tanto ardore, con tanta competenza e con tanta efficacia. Ma, prima di accennarvi, gioverà ricordare come il Tebaldini debba tutto al proprio ingegno, al proprio valore, alla propria tenacia mentre gli fu d’uopo lottare nella sua giovinezza e anche più tardi contro tutte le difficoltà della vita.

[…] Chiunque sappia quali erano le condizioni della musica sacra in Italia nella seconda metà del secolo XIX, ridotta, per la parte strumentale, alla esecuzione di brillanti improvvisazioni per organo con accompagnamento di batterie, di sistri, di campanelli e d’uccellini, per la parte vocale alla esecuzione di musiche sciatte teatrali e volgari, interpretate da vecchi cantanti smessi, rifiuto dei palcoscenici, comprende come un simile stato di cose rattristasse l’animo di quei pochi spiriti eletti che avevano della musica sacra un più elevato concetto e che conoscevano, mentre ai più erano ignoti, i grandi capolavori lasciati in questo campo dai classici antichi.

Già, anche nei tempi anteriori, qualche voce si era levata gridando allo scandalo e invocando la restaurazione della vera musica sacra: ma era stata vox clamantis in deserto. Era stata prima la voce di un nostro grande operista, per tanto tempo dimenticato, ma che ora sembra tornare in onore, Gaspare Spontini; erano state poi le voci del Tomadini, del Padre Amelli, del M° Meluzzi, di altri: erano state le voci uscite dai varî congressi tenutisi a Venezia, a Firenze, a Bologna, e quelle che uscivano dai varî periodici e dalla nascente Associazione Italiana di Santa Cecilia. Ma i tempi non erano maturi.

A poco a poco, per altro, l’idea faceva cammino, e questi, non potendo né dovendo noi narrar le vicende, or liete or tristi, attraverso le quali essa dovette passare, basti ricordare la parte notevolissima ch’ebbe il Tebaldini nell’asprissima lotta.

[…] Così coll’opera, cogli scritti, coll’insegnamento, colla esumazione delle musiche antiche, colla direzione di Conservatori e Cappelle, il Tebaldini contribuì efficacemente a quella restaurazione della vera e sana musica liturgica ch’ebbe finalmente il suo coronamento ufficiale nel Motu proprio di Papa Pio X.

Né minore fu l’attività spiegata dal Tebaldini come compositore, come musicologo, come scrittore e critico d’arte.

[…] Quanto all’opera sua di musicologo, oltre alla esumazione di composizione antiche da lui fatte eseguire, come quelle di lavori del Croce, del Legrenzi, del Lotti, di altri, meritano di essere più specialmente ricordate le trascrizioni della Rappresentazione di Anima e di Corpo di Emilio de’ Cavalieri, eseguita alla Società Alessandro Scarlatti di Napoli, della Euridice di Iacopo Peri e dell’oratorio Jefte di Giacomo Carissimi, pure eseguite alla stessa società, oltre a quella illustrazione della Divina Commedia fatta con elementi gregoriani e palestriniani che fu da lui presentata a Ravenna in occasione del Secentenario Dantesco. All’attività musicologica del Tebaldini si riconnettono altresì la preparazione dei Concerti spirituali tenuti a Bologna, comprendenti musiche dell’Animuccia, del Carissimi, del Bassani, del Marcello e di altri, nonché le trascrizioni e riduzioni orchestrali di Sonate, Fughe, Sinfonie del Frescobaldi, del Traetta, del Galuppi, etc.

[…] Ammirevole dunque, come si vede, è stata l’attività di Giovanni Tebaldini, e varia, abbondante, pregevolissima, la sua produzione: tanto più che la sua vita fu amareggiata da lotte vivacissime e da sventure domestiche, alle quali soltanto il suo grande amore all’arte e agli studî potevano arrecare conforto.

 

Arnaldo Bonaventura1

 

 (stralci da “L’Arte Pianisitca”, a. X, n. 11, Napoli, 1 novembre 1923, pp. 1-2)

 

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1. Arnaldo Bonaventura (Livorno 1862 – Firenze 1952), violinista e letterato, fu addetto alla sezione musicale della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Successivamente professore di storia e di estetica della musica, oltre che bibliotecario e vice direttore del Regio Istituto Musicale di Firenze. Come musicologo era interessato al concetto d’italianità e mirava a glorificare il genio italiano. Per questo si impegnò in trascrizioni e traduzioni in notazione moderna di molte opere tra cui quelle di Iacopo Peri  e di Ludovico Balbi. Scrisse di letterataura musicale nelle principali riviste. Fu collaboratore su “La Nazione” e ricoprì cariche in vari istituti culturali.

 

 

 

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